La sterminata valle di Göreme è una delle grandi attrazioni della Cappadocia rupestre. Il visitatore resta stupito, per un verso, dallo straordinario connubio tra la morfologia delle rocce sub divo, create da un’allegra follia geologica e fantasticamente modellate dal tempo; per altro verso è attratto dalla sistematica e certosina opera di scavo di case, chiese e tombe, veri capolavori opera di sconosciuti e geniali architetti della sottrazione. Al centro dell’area è la cittadina di Göreme, piccola capitale di un turismo internazionale. Da essa partono strade, piste e sentieri sui quali s’incamminano anonimi backpackers, bus di congressisti in giacca e cravatta, fuoristrada di tutti i generi, carovane di cavalli e cavalieri, comitive di appassionati del trekking, fotografi, storici dell’arte e archeologi. E non manca l’attrazione di un’ascensione in mongolfiera per ammirare il paesaggio dall’alto, con la luce radente del sole che sorge. Sentieri celebri (dignitosamente segnalati da cippi e mappe dei percorsi) muovono a raggiera da Göreme in direzione dei centri vicini Ürgüp, Ortahisar, Uçhisar e Çavuşin e traversano gli splendidi luoghi del Parco nazionale, accolto nel 1985 nel Patrimonio mondiale dell’Unesco. Questo itinerario propone la visita di alcune chiese rupestri nella zona a oriente di Göreme situate lungo la valle dello Zemi e sull’altura che ospita la cittadella monastica risalente ai primissimi secoli del cristianesimo, oggi protetta da un Museo all’aperto.
La valle dello Zemi e le chiese di Sakli ed El Nazar
La valle percorsa dal torrente Zemi s’imbocca sulla destra della strada che da Göreme raggiunge il Museo all’aperto. Nei pressi inizia anche il sentiero che percorre la Görkündere Vadisi, la valle che fa visitare e ammirare dal basso i magnifici addensamenti di “camini di fata” nei dintorni di Göreme. Il percorso lungo lo Zemi segue un’ampia strada bianca con frequenti diramazioni laterali. Il suo sviluppo completo è di circa sei km. La si percorre piacevolmente grazie alla presenza di vigneti e frutteti, alternati a pittoresche formazioni rocciose.
Ci limiteremo a visitare le prime due chiese segnalate. La chiesa El Nazar è scavata all’interno di un “camino di fata” a due corni ed è accessibile da due ingressi, uno laterale a livello del terreno e il secondo al sommo di una scalinata. L’accesso è vigilato e a pagamento. Il restauro fa apprezzare i colori degli affreschi risalenti al decimo secolo. Si notano in particolare le scene della vita di Cristo, il santorale e una bella Ascensione nella cupola.
Intorno alla chiesa si trovano locali di servizio, antiche tombe e un curioso camino di fata, scavato all’interno, che somiglia a un campanile. La piccola chiesa Sakli (nascosta) contiene affreschi più tardi, anch’essi dedicati alla vita di Cristo, con una bella natività, il battesimo nel Giordano, la crocifissione e la dormizione di Maria.
La chiesa Tokali (o della fibbia)
La chiesa è la più antica dell’area ed è facilmente accessibile ai turisti perché si trova negli immediati dintorni del museo all’aperto. Si tratta in realtà della fusione di ben quattro chiese e cappelle, costruite in successione ed è giustamente famosa per l’abbondanza e la qualità degli affreschi che rivestono le volte e le pareti. Nella vecchia chiesa, dalla semplice struttura a una navata, si ammira un lungo ciclo della vita di Cristo, con una citazione per la visita dei Magi, la fuga in Egitto, il battesimo nel Giordano, l’ultima Cena e la discesa al Limbo. La chiesa nuova ha una struttura più complessa e basilicale, con archi, colonne, navate e absidi. Gli affreschi hanno il blu come colore dominante. Il ciclo cristologico occupa diversi spazi con scene di diversa ampiezza: il sottarco con le scene dell’annunciazione, della visita a Elisabetta, della Natività e dell’omaggio dei Magi; il frontone con il battesimo, le tentazioni del deserto e la pesca miracolosa; e poi le scene della trasfigurazione, della crocifissione, dell’ordinazione dei primi diaconi e della missione degli apostoli. Di particolare valore storico è il ciclo della vita di San Basilio, padre del monachesimo orientale.
Basilio e i monaci basiliani
San Basilio il Grande, nato nel 330 e morto nel 379, prima della sua nomina ad arcivescovo di Cesarea (l’odierna Kayseri), visse un’esperienza monastica in Cappadocia, di cui la cittadella monastica di Göreme porta le tracce. La Regola dettata da Basilio ai suoi monaci (chiamati “basiliani”) vedeva nella vita monastica lo stato ideale per raggiungere la perfezione cristiana. All’eremo, tipico del primo monachesimo orientale, Basilio preferì il cenobio basato su celle o romitori autonomi, ma con luoghi di preghiera e di lavoro in comune, dando una dimensione familiare alle piccole comunità e favorendo così lo scambio e l’aiuto reciproco. Fondamentali erano sia il lavoro manuale, che rafforza il corpo, sia la preghiera, che rinfranca lo spirito, sia lo studio delle scritture, che illumina la mente. I monaci dovevano integrarsi nella vita della Chiesa e vivere inseriti nella comunità civile, esercitando il ministero pastorale. I monasteri non dovevano essere costruiti in luoghi deserti o impervi, ma nelle città o nelle loro vicinanze, fossero cioè delle vere e proprie cittadelle dove i monaci davano lavoro ai bisognosi, assistevano i malati, i poveri e gli orfani; queste cittadelle furono, in seguito, denominate “città basiliadi”.
La cittadella monastica di Göreme (Museo all’aperto)
Il Museo rupestre all’aperto si raggiunge a piedi senza molta fatica da Göreme. L’accesso è a pagamento e l’area è dotata di tutti i servizi necessari per accogliere il gran numero di turisti in visita. Un percorso interno fa da guida ai diversi monumenti e alle chiese rupestri. Gli affreschi delle chiese sono naturalmente un motivo di grande attrazione. Ma occorre fare lo sforzo di una comprensione “unitaria” del complesso dislocato sugli spalti di un anfiteatro roccioso naturale.
In primo luogo vanno osservati i due cenobi che accoglievano i monaci e le monache: sono scavati all’interno di piramidi rocciose e sono articolati su più piani collegati da gallerie; si riconoscono – soprattutto nel monastero femminile – le celle individuali, la cucina e i servizi comuni.
Il refettorio (Yemekhane) che si visita più avanti, con le panche e il tavolo comune intagliati nel tufo, con il serbatoio del vino e il collegamento con la vicina cucina, dotata di focolare a terra, danno un’idea realistica della vita comunitaria. Gli orti, i frutteti, le stalle e le colombaie situati nei dintorni e nella valle a fianco del complesso aiutano a comprendere l’economia, le fonti di sostentamento, il regime alimentare della cittadella monastica. Basilio temperò molto nei suoi conventi l’austerity ascetica e i digiuni tipici degli stiliti, avendo bene in mente che i suoi monaci dovevano lavorare ed essere attivi nel mondo. Si può anche notare la convivenza tra la città dei vivi e la città dei morti. La morte non era censurata e la necropoli non era espulsa o allontanata: le cappelle funerarie e le tombe a inumazione fanno parte a pieno titolo del villaggio e sono curate, anche artisticamente, quanto i luoghi di preghiera.
Le chiese rupestri e la Karanlik Kilisesi
Il tour delle chiese rupestri è il pezzo “forte” della visita al Museo aperto. Si comincia con la cappella funeraria dedicata a san Basilio, con tombe a fossa e arcosoli, decorata da un’immagine di Maria e da un San Giorgio col drago. Si visitano poi le due chiese vicine di Elmali e di Santa Barbara: la chiesa “della mela” è affrescata con scene della vita di Cristo e con alcune scene del vecchio testamento (l’ospitalità di Abramo e i tre giovani nella fornace); la cappella di Santa Barbara è decorata da croci e figure simboliche. La chiesa Yilanli (del serpente) mostra naturalmente l’immagine del drago associata a San Giorgio ma propone anche le immagini dell’imperatore Costantino con sua madre Elena e di santi monaci ed eremiti orientali tra i quali Onofrio (nudo nel deserto dietro una palma) e Basilio (con l’abito episcopale e la Regola in mano). Alla Chiesa “oscura” (Karanlik Kilisesi), integrata al vicino monastero rupestre, si sale mediante una stretta scala di accesso. La penombra ha garantito nel tempo la conservazione degli smaglianti colori degli affreschi che rivestono le cupole, le colonne, i sottarchi e le pareti. Le immagini sono infinite ma bisogna almeno citare i tre ragazzi nella fornace protetti dall’angelo, il Pantocratore con la barbetta a due punte, l’entrata trionfale a Gerusalemme, l’arresto nel Getsemani, l’ascensione di Gesù. Il percorso si chiude con la chiesa dei sandali (Çaricli Kilise) che contiene, tra i tanti, un delizioso affresco della nascita di Gesù, ricco di particolari (il bimbo fasciato, il bue e l’asinello, le due levatrici, il primo bagnetto, i pastori e gli angeli, Giuseppe in disparte, l’arrivo dei Magi).
(Articolo pubblicato dall'autore sul proprio blog il 8 ottobre 2014 e qui ripubblicato con il consenso dello stesso, permalink all'articolo originale: https://wp.me/p3L1ab-rg. Fotografie dell'autore.)