Una terra biblica, dove Gesù stesso portò la Buona Novella e operò miracoli: il Libano, patria dei primi cristiani e poi di importanti santi della Chiesa. Per scoprirne le meraviglie, dopo alcuni anni l’Opera Romana Pellegrinaggi è tornata in Libano con un gruppo guidato da Mons. Remo Chiavarini (Amministratore Delegato dell’ORP), oltre che da una guida locale. Tra i partecipanti al pellegrinaggio, svoltosi dal 2 al 9 febbraio 2019, una ventina tra sacerdoti e laici, e anche Mons. Piero Marini, Presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali.
Il fitto programma spaziava dalla visita di luoghi storici come i resti fenici delle antiche Tiro e Sidone e della cittadella crociata di Byblos, ai paesaggi naturali della foresta dai maestosi cedri, simbolo del Paese, e delle grotte di Jeita, ricche di stalagmiti e stalattiti. Al centro del pellegrinaggio sono stati però soprattutto i luoghi della cristianità come il monastero di San Charbel, il santo eremita celebre in Oriente, e il santuario di Nostra Signora del Libano ad Harissa, fino alla Valle Qadisha, la Valle Santa, culla della cultura e religiosità maronita, dove sulle rocce della montagna sorge il convento di Sant’Antonio.
Mons. Remo Chiavarini ha spiegato che la decisione di aprire ai pellegrinaggi in Libano è venuta a seguito di alcuni colloqui con l’ambasciatore del Libano presso la Santa Sede e il Nunzio Apostolico in Libano. Da lì anche l’idea di organizzare, in occasione di questo viaggio, un incontro con il Patriarca Maronita Béchara Boutros Raï, che ha avuto luogo il 7 febbraio. Il cardinale libanese ha raccontato le complessità del Paese e la situazione dei cristiani locali.
«Il Libano è una terra che deve essere visitata – ha commentato Mons. Chiavarini -, perché è una terra bellissima, una terra biblica, che ha prodotto molti santi».
Tra i pellegrini, un sacerdote di Roma, Don Diego Conforzi, che ha raccontato di essere rimasto molto colpito dal grande patrimonio storico archeologico e culturale del Libano, oltre che dalla testimonianza del Patriarca Maronita: «Ci ha parlato della coesistenza di cristiani e musulmani e questo connotato di convivenza può diventare un riferimento per altri Paesi».
Un’altra scoperta per i pellegrini è stata la storia di San Charbel, poco conosciuta in Occidente, che fu modello di fede e di santità in un periodo difficile per quella terra. «I libanesi sono una realtà viva anche dal punto di vista giovanile. Questo vuol dire che la testimonianza è stata efficace», ha continuato Don Diego.
Tra i partecipanti al pellegrinaggio si è creato forte spirito di gruppo e comunione, soprattutto sul pullman durante i trasferimenti da un luogo all’altro. Riguardo alla potenziale pericolosità del Paese, nonostante le tensioni e i conflitti vicini, la percezione per i pellegrini è stata quella di visitare un luogo sicuro, come conferma Don Diego: «C’è “aria di lavori in corso”, ma ho trovato un paese molto più all’avanguardia di quello che pensavo».
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