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"Via Mundi", raccontare Roma.

di suor Rebecca Nazzaro

 

Raccontare Roma significa narrare la storia della Chiesa, istituzione divina e umana, che in ogni epoca ha saputo trovare, attraverso la Via pulchritudinis, lo strumento privilegiato per annunciare il Vangelo di Cristo. Ancora oggi, Roma si presenta come lo scrigno contenente un vero e proprio patrimonio di bellezza, che narra la meravigliosa storia della salvezza. Con dei brevi scritti, la Direttrice dell’Opera Romana Pellegrinaggi - suor Rebecca Nazzaro - ci accompagna alla scoperta di questa bellezza che apre i limiti del finito e spinge l’intelligenza oltre i confini del visibile, aiutandoci a cogliere una scintilla del mistero dell’amore divino. 

 

 

 

1 settembre 2025
Roma “Via Mundi”, scrigno di bellezza
 

 

La Città Eterna non è soltanto Caput Mundi, ma è anche la “Via Mundi”, una strada che partendo dal tesoro di bellezza che nei secoli la Chiesa di Roma ha creato e preservato attraverso i successori di Pietro, oggi nel terzo Millennio porta ancora al mondo e all’umanità intera. Tutto ha la sua radice nel mandato universale di Cristo, che trova in Roma e nell’Impero Romano la condizione storica della sua realizzazione iniziale: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro tutto ciò che io vi ho comandato» (Mt 28,19). Il cristianesimo porta in sé la certezza della salvezza eterna, generata dall’amore divino: è questa la vera speranza! La fede in Cristo, fin dalle origini, diventa un segno di contraddizione per la ragione umana: la fede in un Dio che si offre alla morte di croce per salvare l’uomo dal peccato, è per il mondo pagano di ieri e neopagano di oggi, pura stoltezza!  La Roma delle catacombe, delle basiliche paleocristiane, delle necropoli racconta di questa speranza nel Dio affidabile di cui non ci si deve vergognare, perché morto in croce, anzi: Egli ha mostrato la sua potenza sconfiggendo la morte, mediante la Sua risurrezione.  Nello scorrere dei secoli, Roma ha sempre saputo generare una cultura della bellezza, perché l’unico messaggio da comunicare, è sempre stato uno solo: Cristo con la sua morte in Croce ha riaperto all’umanità le porte del Cielo.

I pellegrini di ogni secolo avvertono Roma come la Città di Dio, dove riposano i corpi dei testimoni, di coloro che sono stati ritenuti degni di entrare nel Regno dei Cieli, perché hanno avuto fede e hanno sperato nei beni eterni. A Roma vive il vicario di Cristo, successore di Pietro, il Papa, dolce Cristo in terra, così come lo chiamava santa Caterina da Siena, colui che ha ricevuto da Cristo il carisma di confermare nella verità i fratelli (Lc 22, 32). “Via Mundi” significa raccontare Roma, narrare la storia della Chiesa, istituzione divina e umana, che in ogni epoca ha saputo trovare, attraverso la Via pulchritudinis, lo strumento privilegiato per annunciare il Vangelo di Cristo.  Ancora oggi, Roma si presenta come lo scrigno contenente un vero e proprio patrimonio di bellezza, che narra la meravigliosa storia della salvezza. Infatti, le grandi opere, in essa realizzate, hanno preso vita dalle mani e dall’ingegno di artisti che, attraverso le illuminate committenze papali, si sono considerati artigiani al servizio della fede e hanno saputo creare un’arte che parla di riscatto e redenzione, lasciando un patrimonio comunicativo che incoraggia questa umanità, sempre più dimentica della propria bellezza, a scoprirsi ancora una volta nella sua preziosità. Questa bellezza che apre i limiti del finito e spinge l’intelligenza oltre i confini del visibile ci aiuta a cogliere una scintilla del mistero dell’amore divino.

 

 

11 settembre 2025
Ponte Sant'Angelo, il ponte firmato da Bernini
 

 

Il ponte di Castel Sant'Angelo è forse il ponte più bello del mondo, concepito grazie alla visione di Papa Clemente IX Rospigliosi e al genio di Gian Lorenzo Bernini nel 1668. Ma  l’origine di questo ponte è molto più lontana, essendo legata al grande imperatore romano, Publio Elio Adriano che facendosi costruire un enorme mausoleo funebre per sè e i suoi familiari, l’Adrianeum, lo collegò con un ponte al Campo Marzio. E a questo venne dato il nome di Elio, uno dei prenomi dell‘imperatore.

Dopo la caduta dell’Impero Romano, i Papi trasformarono definitivamente l’Adrianeum  in una fortezza, che prese il nome di Castellum. E lo stesso ponte Elio, venne integrato con torri di difesa e pesanti portali e si iniziò a chiamarlo Ponte S. Pietro in quanto rappresentava l'unico accesso diretto per giungere alla Basilica Vaticana, dal lato nord della città. E nel 590 d.C. questo luogo è protagonista della visione di papa Gregorio Magno: durante la processione indetta per far cessare l’epidemia di peste che aveva colpito Roma, sulla sommità del Castellum egli vede l’Arcangelo Michele riporre la spada nel fodero come segno che Dio aveva accolto le preghiere del popolo. In memoria di quell’evento prodigioso, il Papa, fa erigere sul Castellum una statua raffigurante San Michele e da quel momento il Castello e il Ponte prendono il nome di Sant’Angelo.

Passano i secoli e il ponte diventa nel Medioevo il passaggio obbligato dei pellegrini che giungono da ogni parte d’Europa per  pregare sulla tomba di Pietro e venerare  la Veronica, la preziosa reliquia della Passione di Cristo conservata nella Basilica. Nel 1300, papa Bonifacio VIII indice il primo Giubileo della storia e il numero dei pellegrini che vengono a Roma aumenta in maniera enorme. E le autorità per evitare pericolosi assembramenti regolamentano il passaggio sul ponte con la creazione di un “doppio senso di marcia”: i fedeli diretti a San Pietro a destra, quelli di ritorno alla sinistra. E il sommo poeta Dante, probabilmente venuto a Roma per l’occasione, nel XVIII canto dell’Inferno, paragona il procedere di due schiere di dannati nelle Malebolge proprio a quello dei pellegrini che passano sul ponte Sant’Angelo nel Giubileo. Nel 1533 Clemente VII pone, all’ingresso del ponte sul lato del Campo Marzio, due statue dedicate a S. Pietro e a S. Paolo e otto statue raffiguranti gli evangelisti ed alcuni patriarchi.

Ma arriviamo al 1667. Clemente IX , il cui pontificato durerà solo due anni, decide un restauro generale del ponte S. Angelo affidando il progetto a Gian Lorenzo Bernini. Il Papa percepisce bene il forte valore simbolico di questo ponte: è l’unica strada di accesso che conduce a S. Pietro, cuore della Cristianità. E per la decorazione del ponte, chi se non degli angeli potevano accompagnare il fedele in questo ultimo tratto del suo cammino fisico e spirituale? Bernini quindi disegna una Via Crucis con dieci splendidi angeli che portano nelle loro mani i simboli della Passione di Cristo. Uno di fronte all’altro, partendo dal lato del Campo Marzio, gli angeli portano la Colonna e i Flagelli, la Corona di Spine e il velo della Veronica, la Tunica con i Dadi ed i Chiodi, il Titulus e la Croce, la Spugna e la Lancia. E sul piedistallo che sostiene ogni angelo il Papa chiede che siano incisi in latino passi tratti dall’Antico e dal Nuovo Testamento che aiutino il fedele nella meditazione della Passione. Bernini ne esegue i disegni per tutti, ma ne scolpirà personalmente solo due, l’Angelo con la corona di spine e l’Angelo con il Titulus che successivamente saranno sostituiti da copie, e che oggi si possono ammirare nella chiesa di S. Andrea delle Fratte. L’esecuzione degli altri otto fu affidata a valenti artisti di sua fiducia. I dieci Angeli essendo esposti in maniera continuativa a tutti gli elementi atmosferici richiedono periodicamente verifiche dirette a valutare il loro stato. Proprio in occasione del Giubileo della Speranza, essi sono stati oggetto di una paziente opera di restauro durata sette mesi e terminata a metà dicembre 2024. Ed oggi li possiamo di nuovo ammirare in tutto il loro candido splendore.

Questo ponte è non solo un capolavoro assoluto dell’arte ma anche una coinvolgente esperienza  della fede cristiana. Per più di tre secoli e mezzo, centinaia di migliaia di pellegrini sono passati su di esso. E  per loro, la bellezza che promana da questi angeli ha trasfigurato dei simboli di sofferenza e di morte in una via di Amore assoluto di  Dio per gli uomini, una promessa di Vita Eterna , quasi una porta di accesso al Paradiso. E non possiamo che essere riconoscenti e grati a Clemente IX e al Bernini per aver concepito questa meraviglia.